BILLY SMITH - 16/8/1977

DAL LIBRO "ELVIS AND THE MEMPHIS MAFIA":

La sera prima Elvis sembrava stanco e non era nella sua forma migliore. 
Cercava di fare alcune cose e sentirsi attivo, ma non lo era realmente. Qualche volta Elvis era intrattabile, e questa volta era preoccupato per l’imminente tour. 
L’ultima sera Elvis, Ginger, Jo ed io andammo al racquetball e giocammo una o due partite. Era di ottimo umore, ma non è che giocasse veramente. Soprattutto cercava di battermi. Scherzava e rideva. 
Tornammo a casa ed Elvis si sedette al pianoforte, e cantò alcune canzoni e l’ultima fu “Blue Eyes Crying in the Rain”.
Poi salimmo insieme al piano di sopra, gli lavai i capelli e lo aiutammo a mettersi a letto. 
Mi abbracciò e mi disse: “Ti voglio bene. Buonanotte. Questo sarà un grande tour”. 
Il 16 agosto, poco dopo le 2 del pomeriggio, ricevetti una telefonata da mia cugina Patsy. Dalla sua voce capii che c’era qualcosa che non andava. Era fuori di sé. Mi disse “Penso sia meglio tu vada in ospedale!”.
Non è che ne fossi così entusiasta, perché non era la prima volta. 
Dissi: “Cosa c’è che non va?”. Lei disse: “Credo sia morto!”. E io: “Dio mio no! Non dirlo!”.
Ma lei disse: “No Billy. Credo che questa volta se ne sia andato sul serio”. 
Così iniziai a perdere il controllo. Uscii per prendere la mia moto e correre in ospedale. In quel momento arrivò David. 
Salii sulla sua macchina e lui disse: “Dove andiamo?” “Al Baptist Central!”. 
Per tutto il tragitto ripetevo a me stesso che sarebbe guarito, ma c’era un’altra parte di me che conosceva la verità.
Quando arrivai, lo staff del “The Havery Team” aveva portato Elvis nella Trauma Room 2. 
Tutti i ragazzi che erano saliti sull’ambulanza – Charlie, Joe e Al - si trovavano nella Trauma Room 1. 
Incontrai delle difficoltà con la sicurezza, ma finalmente arrivò Marian Cocke che, vedendomi, disse loro: “Lasciatelo passare. E’ suo cugino”.
Entrai nella Trauma Room 1 e Joe mi mise una mano sulla spalla e disse: “Se n’è andato. Sono sicuro”.
Dopo poco tempo il Dr. Nick uscì dalla sala di rianimazione. Guardò verso me e Joe e scuotendo la testa disse: “L’abbiamo perso”. Ci abbracciammo tutti, scoppiando a piangere. Il Dr. Nick mi mise il braccio al collo e anche lui pianse come un bambino. Disse: “E’ nella stanza qui vicino. Vuoi vederlo?”. Ci pensai un attimo e dissi “No, non così”.
Feci un passo avanti verso la porta e dissi: “Perdonatemi tutti, ma io devo uscire da qui!”.
L’unica cosa che riuscivo a pensare era: “Dio non è vero, non è successo. Non può essere! Billy, torna a Graceland e vedrai che lui è là. Vedrai che là che va tutto bene”.
Ma quando tornai a Graceland le cose non erano migliori di quelle in ospedale. 
Entrai nel mio trailer e mia moglie disse: “Dimmi che non è vero!”. E io risposi: “Dio mio Jo, se n’è andato”. 
E crollammo. Ero talmente confuso che non riuscivo a spiegare cosa fosse successo. Pensai che era meglio uscire e andare a correre fino allo sfinimento, così tutto sarebbe passato. Ma visto che non ce la facevo, pensai: “Svegliati. E’ tutto un sogno”.
Il mondo mi era crollato addosso! Tutto era andato in fumo!
Mentre cercavano di rianimare Elvis nel bagno, Vernon ebbe quasi un collasso e iniziò ad urlare: “Non andartene, figlio mio! Vedrai che andrà tutto bene!”. E poi iniziò a gemere: “Mio figlio è morto”! 
Subito dopo la morte di Elvis, Vernon fece un’affermazione parlando di noi ragazzi e disse: “Non lavoreranno più come il gruppo di Elvis. Adesso lavoreranno per il mio gruppo”.
Vernon aveva voluto questa processione di 16 limousine bianche. La gente pensò che fosse un riferimento alla canzone “Mistery Train” visto il riferimento al verso in cui dice “lungo 16 carrozze”, ma di fatto era il numero di limousine che eravamo riusciti a trovare.
Poi Vernon volle avere una scorta di polizia. Alla fine il funerale costò poco meno di $ 50.000.
Il funerale fu una cosa strana. Nella mia testa passavano pensieri strani. Ero impazzito a tal punto da aver voglia di morire. Pensavo: “Perché mi hai fatto questo? Perché ci hai lasciato qui?”