COLONNELLO TOM PARKER - 16/8/1977

DAL LIBRO "THE COLONEL":

Non appena il Dr. Nick lasciò l’ospedale, Joe chiese a Maurice Elliott di avere una linea privata. Elliot lo portò in una sala conferenze, fuori dal pronto soccorso. Lì Esposito chiamò il Colonnello in Maine. Rispose George Parkhill e passò la cornetta al suo capo.
“Ho qualcosa di terribile da dirti” iniziò Joe, con una voce tremante “Elvis è morto!”.
Passarono 30 secondi, forse di più, prima che Parker parlasse.
“Okay, Joe” disse, con una voce piatta, priva di emozione. “Saremo lì appena possibile. Tu fai quello che devi fare. Dì a Vernon che stiamo arrivando. Abbiamo molto lavoro da fare!”.
Esposito ebbe la sensazione che, nonostante la calma, il Colonnello fosse scosso. 
“Come me” scrisse Joe in seguito “anche lui doveva fare tutto quello che c’era da fare: cancellare il tour e far sapere a tutti che tutto era finito”.
Quella sera tutta la squadra sarebbe andata a cena come programmato, anche se nessuno se la sentiva di mangiare.
Parker ordinò: “Andremo a portare il nostro rispetto e lo faremo con la miglior faccia possibile”. 
Non appena Parker veniva interpellato da qualcuno, rispondeva: “Elvis non è morto. Quello che è morto è il suo corpo. E’ come se fosse partito per il servizio militare. Questo non cambia niente”. 
Non essendo autorizzato, il Colonnello non fece alcun tipo di negoziazione, se non dopo essere arrivato a Memphis per il servizio funebre, insieme a celebrità come Ann-Margret e suo marito Roger Smith, James Brown e Caroline Kennedy, quest’ultima venuta per scrivere un articolo per il ‘Daily News’ di New York.
Mentre gli elicotteri giravano sopra Graceland e si sentiva il forte ronzio dello stridio delle cicale nell’umidità di Memphis, Parker portò Vernon nel tinello di Graceland. 
Privatamente gli spiegò che, in memoria di Elvis, ora si sarebbero presentati ad incassare pirati e sciacalli, e che lui, Vernon, in qualità di esecutore dei beni di Elvis, non sarebbe stato nelle condizioni psicologiche ed emotive per trattare con loro, soprattutto perché in testa aveva altre cose di cui preoccuparsi. 
La proprietà poteva essere valutata 7.6 milioni di dollari, tasse escluse e, negli ultimi tempi, Elvis aveva l’abitudine di ipotecare Graceland per poter pagare i dipendenti. 
Non era opportuno continuare il business come sempre?
Il Colonnello avrebbe anticipato un milione di dollari per pagare i debiti e così fare in modo di dimostrare che Elvis aveva dei soldi nel suo conto. 
Inoltre “Elvis non è morto! E’ morto il suo corpo” disse Parker e questo l’avrebbe ripetuto per giorni, ogni qualvolta veniva avvicinato da qualche giornalista. 
“Non intendo niente di particolare. E’ come quando si è allontanato per assolvere il servizio militare. Questo non cambia niente”.
Il Colonnello continuò con la gestione della memoria di Presley e il 23 agosto Vernon firmò la lettera ufficiale (si sospetta sia stata redatta dallo stesso Parker) in cui presumibilmente Vernon scrisse:
“Sono profondamente grato che lei mi abbia offerto la possibilità di continuare alla vecchia maniera, dandomi assistenza in ogni modo possibile, visti i problemi che stiamo affrontando. Con la presente dichiaro che Le saremmo grati se vorrà continuare la sua collaborazione nei termini e alle stesse condizioni stabilite precedentemente nell’accordo contrattuale che aveva con Elvis e datato 22 gennaio 1976.
Con la presente autorizzo anche che lei parli e firmi per mio conto, per tutte le questioni pertinenti a detto contratto”.