SONNY WEST - 16/8/1977

Mi trovavo in California con mia moglie e volevo comprare un cavallo.
Il 16 agosto 1977 mi alzai e avevo degli appuntamenti per due interviste. Il tempo sembrava mettersi al bello e non pensavo potesse piovere. 
Avevo fatto un’intervista telefonica con una radio del Canada, durante la quale uno dei ragazzi mi chiese: “Cosa diresti se un giorno tu leggessi su un giornale che Elvis è morto?”. Risposi: ”Dio ti prego no!”. 
Non sapevamo ancora che Elvis era già morto e nemmeno lui lo sapeva. Elvis non era ancora stato trovato o quantomeno non era ancora stato dato l’annuncio. Probabilmente nel momento in cui stavamo parlando, Elvis era ancora riverso sul pavimento. Così dissi che non ne sarei rimasto sorpreso perché avevo parlato con Al Strada e mi aveva detto che Elvis non stava bene. 
Dopo l’intervista riagganciai il telefono e con mia moglie mi avviai per ritirare il cavallo. 
Il ragazzo che me lo vendeva mi venne incontro e mi disse: “Hai sentito?”. Lo guardai e dissi: “Elvis è morto!”. “Sì!”.
Caddi sulle ginocchia e dissi solo: “Perché? Perché?”. 
L’uomo mi disse: “Mi dispiace, non immaginavo che ti avrebbe fatto questo effetto”.
Io non riuscivo a parlare e mia moglie spiegò che era più di un amico. A quel punto mi alzai e me ne andai per conto mio, da solo.
Andai verso il recinto e urlai, colpendo e rompendo il recinto in legno. Decisi che dovevo andarmene da lì, subito. 
Judy mi abbracciò e entrammo nel camion. Senza nemmeno salutare, misi in moto e partii verso casa. 
Il telefono squillava in continuazione e rispondeva sempre Judy, perché io non ce la facevo a parlare con nessuno. 
Una delle chiamate era di Red e Pat. Chiesi loro di venire da me. Entrambi piangevamo al telefono. Red arrivò e ci abbracciammo, singhiozzando e dicendo: “Elvis se n’è andato!”. 
Ero distrutto. Per me era come un fratello.