JOE MOSCHEO - 16/8/1977

DAL LIBRO "THE GOSPEL SIDE OF ELVIS":

Agosto a Memphis. Il sole ti picchia sulla testa e l’umidità unita al caldo crea un’afa insopportabile. Il sudore esce da tutti i pori, le bolle dell’asfalto sembrano essere pannelli solari. Anche le foglie non si muovono. Preghi per avere un po’ di brezza.
Era così quando arrivai a Graceland per il funerale di Elvis e, pur se non si poteva combattere contro il caldo, non riusciva comunque competere con il grande dolore che provavamo, in aggiunta al peso che dovevamo portare. 
In quel periodo io lavoravo per la BMI a Nashville.
Il 16 Agosto ricevetti una telefonata dal mio amico, Bill Hance, che scriveva per un giornale serale di Nashville, il ‘Banner’. Bill parlava talmente veloce che non capivo niente e balbettando disse: “E’ appena arrivata la notizia che Elvis è morto a Graceland”. 
Sotto shock, chiamai immediatamente Priscilla e scoprii che stava partendo per prendere l’aereo che Vernon aveva mandato, per prelevare la famiglia e gli amici della West Coast e portarli a Memphis.
A quel tempo, mia moglie ed io eravamo molto amici di Priscilla. 
Era dal 1971 che non lavoravo più per Elvis, quindi per poter stare con lei andavamo a Memphis su invito di Priscilla. Ricordo perfettamente le 4 ore e mezza di viaggio in macchina durante le quali io e mia moglie sentivamo solo il nostro dolore. Non una parola uscì lungo tutto il tragitto, ma per tutta la sua durata ascoltammo la radio. In ogni stazione radiofonica di parlava della morte di Elvis, con una vera a propria maratona della sua musica. Era qualcosa di magico, di surreale.
Andammo direttamente a Graceland per incontrare Priscilla e lei organizzò di farci stare con una coppia di nostri intimi amici. Ognuno stava reagendo a modo suo: alcuni erano sotto shock e giravano intorno con uno sguardo sbalordito, altri piangevano ininterrottamente e alcuni di noi facevano di tutto per tenersi occupati. Amici e familiari vagavano in ogni direzione. 
Vernon mi guardò con l’aspetto di un uomo distrutto.
Chiese a J.D. Sumner di aiutarlo a preparare il servizio funebre e andarono nella stanza di Charlie Hodge per elaborare i dettagli. Tuttavia Charlie non fu di grande aiuto, perché piangeva in continuazione. 
Praticamente della cosa si prese carico J.D. e iniziò a convocare tutti i gruppi gospel, affinché, ancora una volta, cantassero le canzoni preferite di Elvis. 
In aggiunta al ministro della locale ‘Church Of Christ’, JD e Vernon decisero di chiamare il Rev. Rex Humbard per il discorso. 
Girando per Graceland, in ogni angolo, si potevano vedere 2 o 3 persone che parlavano delle storie che preferivano di Elvis e condividevano i loro ricordi più intensi. 
Tutti erano visibilmente sconvolti. Altri dalla finestra guadavano i fans che si accalcavano. Ricordo ancora l’odore che proveniva dalla cucina. Come tutti sanno e chi ha partecipato ad un funerale nel Sud degli Stati Uniti, ai funerali ci sono sempre molte cose da mangiare sia prima che dopo la cerimonia.
I cuochi di Graceland volevano assicurarsi che per gli ospiti ci fossero i piatti preferiti di Elvis: braciole di maiale, purè di patate, polpettone, focacce, succhi di pesca e altri piatti tradizionali della cucina del Sud. 
Nel pomeriggio del giorno prima del funerale, il servizio di sicurezza venne istruito di aprire i cancelli per concedere alla gente di sfilare davanti alla bara, che era stata esposta nell’entrata. Erano arrivate migliaia di persone e Vernon aveva insistito affinché fosse loro permesso di vedere e omaggiare la salma. 
La fila era ininterrotta e durante tutto il pomeriggio una processione silenziosa si avvicinava alla casa, a due a due, in modo educato e venerante. 
Alla fine c’erano almeno altre 10.000 persone che aspettavano, sperando di poter vedere Elvis nella bara. Le guardie riuscirono a chiudere i cancelli senza che fossero avvenuti incidenti.