MARTY LACKER - 16/8/1977

DAL LIBRO "ELVIS AND THE MEMPHIS MAFIA":

Non dimenticherò mai quel giorno.
Lavoravo come venditore per una società alimentare. Avevo appena lasciato il mio ufficio a Irvine, California. 
Salii in macchina e appena misi in moto, automaticamente si accese la radio e io sentii “……ley è morto” e dopo queste parole il disc jockey mise un disco di Elvis. 
Mi dicevo: “Non può essere. Deve trattarsi di una coincidenza oppure una delle solite voci”.
I due minuti in cui aspettavo la fine della canzone furono i più lunghi della mia vita. Finalmente il dj disse: “Signore e signori, come abbiamo annunciato prima, il re del rock’n’roll è morto oggi”.
Mi agitai talmente che la macchina mi partì, rischiando di andare contro il palo del semaforo. Rimisi la macchina sulla carreggiata e mi diressi verso casa a tutta velocità. Dovevo chiamare Graceland. Il mio cuore batteva all’impazzata. 
Il dj continuava a mettere dischi di Elvis, dicendo: “Elvis è morto”.
Appena entrai nella strada dove c’era la mia casa, mia moglie e le mie figlie videro arrivare la macchina. Uscirono nel mezzo della strada. Erano isteriche, gridavano: “E’ vero? E’ vero?”. Dissi: “Non lo so. Fatemi chiamare la casa”. 
Misi la macchina in garage e chiamai subito Graceland. Mi rispose Larry Geller. Dissi: “Larry, cosa significa?”. E lui rispose: “Se n’è andato, Marty. Se n’è andato!”.
Non riesco a spiegare cosa provai, quello che ricordo bene è che iniziai a tremare.
Gli chiesi: “Cosa è successo?”. E Larry disse: “Ha avuto un attacco di cuore in bagno” e poi aggiunse “Non riesco più a parlare”.
Così gli chiesi di passarmi qualcun altro e arrivò Lamar. 
In quel momento stavo piangendo e Lamar disse: “Piantala con questa m…! Ce n’è già abbastanza qui!”.
Le parole di Lamar mi fecero molto male e così dissi: “Dannazione, io gli volevo bene” e Lamar: “Tutti lo amavamo, ma questo non ce lo riporta indietro”.
Dissi a mia moglie che era vero e che Elvis era morto. 
Patsy ebbe una crisi di nervi, perché negli ultimi anni anche lei era molto preoccupata per lui.
Dopo un po’ richiamai Graceland e parlai con Joe. Dissi: “Voglio venire lì, voglio essere al funerale”. 
E lui: “Va bene. Troverai un biglietto all’aeroporto per te”.
Ma poi mia moglie iniziò a stare così male che non poteva essere lasciata sola. 
Prima aveva detto: “Va tutto bene, vai” e poi, quando ero pronto per uscire, lei iniziò ad urlare.
Questa cosa mi fece ricordare quanto, per troppi anni, avevo trascurato sia lei che i miei figli e pensai: “No, non posso lasciarla”. E così iniziai a pensare che non volevo vedere Elvis nella bara e tantomeno volevo vederlo seppellire. 
Probabilmente, quella fu la prima volta in 20 anni che scelsi mia moglie e la mia famiglia, anziché Elvis. 
Così seguii le notizie alla TV, come chiunque altro.